IBS: Sindrome dell’Intestino Irritabile
La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) rientra a far parte del più ampio gruppo dei disturbi funzionali gastrointestinali; ossia quei disturbi caratterizzati da una combinazione variabile di sintomi ricorrenti o cronici, in cui però non si evidenzia la presenza di patologie organiche sottostanti, nè di alterazioni biochimiche o strutturali.
Nonostante la fisiopatologia di questi disturbi non sia ancora completamente compresa, si è a conoscenza del fatto che alla base esista una comunicazione disfunzionale tra l’intestino e il cervello (il cosiddetto ‘asse intestino-cervello’, secondo il quale eventi stressanti a livello psichico possono riflettersi a livello intestinale e viceversa). Questa alterazione, conseguenza di un'interazione tra fattori ambientali, psicologici e fisiologici, sarebbe in grado di comportare modificazioni della motilità intestinale, una maggiore sensibilità viscerale e cambiamenti nei processi del sistema nervoso centrale. Oltre a ciò, possono essere coinvolti altri fattori, quali predisposizioni genetiche, alterazioni del microbiota gastrointestinale ed anomalie nella funzione mucosale e immunitaria.
IBS- CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI
I SINTOMI possono variare da persona a persona. Quelli però più comunemente associati alla Sindrome dell’Intestino Irritabile, e che maggiormente supportano la diagnosi sono:
dolore addominale
frequenza dell’alvo anormale (> 3 /giorno o <3/settimana)
consistenza delle feci alterata
disturbi dell’atto defecatorio (senso di urgenza, sforzo eccessivo, sensazione di evacuazione incompleta)
meteorismo e distensione addominale
A cui possono associarsi anche sintomi di natura extra-intestinale quali: affaticamento, emicrania, difficoltà nella concentrazione, disturbi del sonno, dolore pelvico cronico ed ansia, che portano più in generale ad una compromissione della qualità della vita di chi ne è affetto.
Il primo passo verso la DIAGNOSI di IBS risulta essere l’esclusione di altre potenziali cause di tipo organico o strutturale in grado di causare la medesima sintomatologia. Opportuno quindi sempre rivolgersi a medici professionisti, soprattutto quando presenti i sintomi definiti ‘campanelli d’allarme ‘- che NON sono tipici dell’intestino irritabile e che richiedono approfondimenti ulteriori per la probabile presenza di patologie sottostanti, tra i quali troviamo: dimagrimento involontario ed inspiegabile, anemia, febbre, presenza di massa addominale palpabile, presenza di sangue nelle feci, dolore che non migliora dopo l’evacuazione, sintomatologia notturna e comparsa di tali disturbi dopo i 50 anni.
Escluse altre cause organiche, la diagnosi di sindrome dell'intestino irritabile (IBS) viene fatta sulla base dei criteri di Roma IV, che richiedono la presenza di:
dolore addominale ricorrente per almeno 1 giorno alla settimana negli ultimi 3 mesi
che deve essere associato a 2 o più dei seguenti criteri:
dolore associato alla defecazione,
cambiamento nella frequenza delle evacuazioni
cambiamento nella consistenza delle feci
i sintomi devono inoltre essere presenti da almeno 6 mesi
DIETOTERAPIA NELLE IBS
La dietoterapia rappresenta un elemento chiave nella gestione della sindrome dell'intestino irritabile (IBS), poiché può contribuire a ridurre la sintomatologia. Le principali raccomandazioni riguardano:
Personalizzazione della dieta: un approccio graduale e sotto supervisione di un professionista può aiutare a identificare gli alimenti ‘trigger’ in grado di scatenare i sintomi, variabili da persona a persona, evitando però l’eccessiva restrizione delle scelte alimentari data dall’eliminazione dalla dieta di tutti quegli alimenti a cui viene imputata, senza adeguata controprova, la responsabilità di scatenare o di aggravare la sintomatologia. In alcuni casi, può essere utile integrare vitamine o minerali, soprattutto se si seguono diete particolarmente restrittive.
Dieta a basso contenuto di FODMAPs (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili): sono carboidrati a catena corta che possono fermentare a livello intestinale, causando gonfiore e dolore. Consiste nell’eliminazione e poi reintroduzione graduale di alcune classi di alimenti potenzialmente in grado di aumentare la sintomatologia.
La fibra può migliorare la funzione intestinale, ma livelli troppo elevati o troppo bassi possono peggiorare i sintomi. L’aumento graduale e progressivo del consumo di fibra, in particolare quella solubile, potrebbe risultare efficace.
Attenzione al consumo di cibi molto grassi, altamente processati, caffeina, alcol e spezie, che potrebbero aumentare l’irritazione intestinale.
Pasti troppo abbondanti possono provocare fastidi, consigliato il frazionamento dell’alimentazione in 3 pasti principali e 2 o 3 spuntini.
Una buona motilità intestinale è inoltre favorita dall’esercizio fisico e da un buono stato di idratazione.
CONCLUSIONE
Un’adeguata consulenza medica ed un approccio di tipo multidisciplinare sono essenziali per diagnosticare ed affrontare efficacemente questa condizione.
L’individuazione di diete personalizzate, formulate sulla base delle specifiche sensibilità di ciascun individuo, permette innanzitutto la gestione efficace della sintomatologia, oltre che il conseguente miglioramento del benessere generale e della qualità della vita.
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